martedì 23 settembre 2008

Scheda video della mostra "Kassia" alla Basilica paleocristiana di San Lorenzo

Dalla rubrica del TGR dedicata al Mountain Photo Festival, la scheda video curata da Pilar Ottoz sulla mostra di John Vink



tutti i diritti riservati

venerdì 12 settembre 2008

Partecipa e vinci con "Una montagna di pixel"

Scatta una foto ad una montagna (reale o simbolica) e fai l'upload su Pix-Yu,poi inserisci il tag"openyourmountainsday".

Le due foto più cliccate dalla community di Pix-Yu saranno pubblicate sul sito ufficiale del monutain photo festival, il primo festival italiano dedicato alla fotografia di montagna, di fianco alle foto dei più importanti fotografi internazionali.

Affrettati! Hai tempo fino al 10 Ottobre 2008!

Questo progetto è in collaborazione con "Open your mountains day".

Non perdere tempo, se hai già un account su Pix-Yu, fai l'upload delle tue foto e partecipa al progetto. Se invece non hai mai utilizzato Pix-Yu crea il tuo account in pochi istanti!

http://www.pix-yu.com/concorsi/mountainphotofestival.php

mercoledì 20 agosto 2008

KASSIA di John Vink


Autore: John Vink
Sede: Basilica Paleocristiana di San Lorenzo

PEUPLES D’EN HAUT (POPOLI D’ALTURA)

C’è sempre da qualche parte una montagna (Yeej muaj lwm lub roob nyob lwm qhov)
Proverbio hmong

Nelle montagne del Laos settentrionale, su una cresta di terra rossa, spoglia, circondata dalla foresta tropicale, sorgono rasoterra una ventina di capanne di legno e bambù, sono disposte senza ordine apparente, non ci sono strade, non c’è un piano chiaro, è un villaggio hmong tradizionale. Le case però seguono le curve delle terrazze e si raggruppano per membri dello stesso clan. Agli Hmong piace vivere vicino ai parenti dello stesso clan e della stessa stirpe. Tutto il sistema di scambi sociali, economici e religiosi si fonda sulla prossimità familiare.

Hmong podding groundnuts before sowing. da Mountain Photo Festival.
LAOS. Kassia. 24/03/1994: Hmong podding groundnuts before sowing.


Discendere per storia o mito dallo stesso antenato maschio crea un legame talmente forte da trascendere persino i confini degli Stati. Per esempio, quando gli Hmong del Laos del clan Yang incontrano altri Hmong dello stesso clan in Tailandia, Vietnam o Cina, vengono automaticamente considerati come parenti stretti, in quanto condividono lo stesso antenato mitico. Ne consegue un’ospitalità illimitata che comprende vitto e alloggio. Nei villaggi più isolati, questa accoglienza tanto calorosa viene riservata anche agli stranieri di passaggio.

Nei mercati delle vallate del Laos settentrionale si incontrano molto spesso anche uomini vestiti di nero e donne dagli abiti ricamati a colori vivaci. Da Luang Phrabang a Sam Neua passando per Xieng Khouang e Luang Nantha, gli Hmong sono famosi per i ricami fini e complessi e i tessuti con effetti appliqué in tinte cangianti. Nei mercati locali sono loro gli specialisti dei prodotti della foresta: piante medicinali di una tale diversità che la botanica moderna non è ancora riuscita a catalogarle tutte, animali cacciati o catturati con trappole, insetti di qualsiasi tipo, funghi commestibili o dalle virtù più o meno magiche. Per gli abitanti delle pianure, gli Hmong non sono solo un popolo di montagna, ma anche gente della foresta. Per loro la foresta è un luogo popolato da spiriti e innumerevoli animali pericolosi. Proprio per questo motivo rispettano, ma anche tendono un po’ a disprezzare i montanari.

Dall’inizio del XX secolo agli anni Novanta, gli Hmong sono stati i migliori produttori di oppio della regione. Era la loro principale merce di scambio con le popolazioni delle pianure: i Lao Loum che sono i Lao propriamente detti e i carovanieri cinesi dello Yunnan che da diversi secoli solcano in lungo e in largo le piste di montagna con piccoli cavalli. Localmente sono noti come Chin Ho. Il papavero da oppio cresce bene solo verso i 1000 metri di quota, precisamente laddove sorge la maggior parte dei villaggi hmong del Sudest asiatico. Nelle montagne del Laos, persino oggi le strade carrozzabili e le piste di terra battuta sono rarissime. Si può quindi facilmente immaginare con quanta difficoltà si comunicasse un secolo fa. In questo contesto geografico, l’oppio ha il vantaggio di avere un altissimo valore commerciale per un peso limitato. Era il prodotto ideale per i piccoli agricoltori isolati in montagna.

Nella regione, agli inizi degli anni Novanta, un chilo di oppio valeva più o meno come 150 kg di riso. Dagli anni Ottanta sono stati lanciati diversi programmi internazionali, come quelli dell’ONU, che cercano di debellare completamente la produzione di oppio dalla regione. Vietare la coltivazione dell’oppio non è cosa facile in quanto pochi prodotti agricoli possono rivelarsi altrettanto redditizi e altrettanto facili da trasportare. In realtà, le grosse coltivazioni sono quasi scomparse dal Laos, dato che il Myanmar (ex Birmania) e l’Afghanistan, difficilmente controllabili, hanno preso il suo posto per la produzione di massa e la trasformazione in eroina.

In Laos, come in Tailandia, ci sono campi nascosti nella foresta che consentono agli Hmong e agli Yao di ottenere ogni anno qualche chilo di resina bruna da fumarsi direttamente al villaggio. Per i popoli di montagna produttori di oppio, infatti, fumare è un atto sociale importante. Che si tratti di oppio o tabacco, fumare insieme e condividere sono due regole fondamentali della convivialità. Certo, in alcuni villaggi ci sono oppiomani incalliti. Se sono abbastanza anziani da aver figli che lavorano nei campi per loro, la comunità li tollera. Tanto più che in genere producono l’oppio che fumano, evitando così di gravare sul piccolo budget familiare. Se invece i fumatori sono ancora giovani e in età da lavoro, subiranno pressioni reiterate dal gruppo sociale di appartenenza (i parenti dello stesso clan o gli altri membri del villaggio) che potranno spingersi fino ad allontanarli dal villaggio.

Non è perché si è produttori di oppio che si deve permettere a tale sostanza di avere un effetto disastroso sull’equilibrio del gruppo. Nelle comunità hmong, il punto di vista e l’opinione degli altri è un fattore fondamentale per la coesione del gruppo. Gli Hmong fumano spesso in occasione di eventi speciali: il ritorno di un parente che viene da lontano, i matrimoni, i funerali, ecc. Condividere è la parola chiave. Si condivide tutto. Il riso, invitando non solo amici e parenti, ma anche gli stranieri di passaggio a mangiare alla propria tavola. Lo stesso discorso vale anche per i funerali, spesso sono decine le persone giunte da villaggi talora lontani che si riuniscono per tre giorni. Mangiare insieme, spesso su foglie di banana, seduti per terra, è secondo gli Hmong uno dei modi migliori per mostrare al defunto che lo si onora e che la vita della comunità continua nonostante i tormenti. Si condivide anche il tetto: l’ospitalità è veramente la regola d’oro della vita quotidiana degli Hmong in tutti i paesi asiatici.
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