Autore: John Vink
Sede: Basilica Paleocristiana di San Lorenzo
PEUPLES D’EN HAUT (POPOLI D’ALTURA)
C’è sempre da qualche parte una montagna (Yeej muaj lwm lub roob nyob lwm qhov)
Proverbio hmong
Nelle montagne del Laos settentrionale, su una cresta di terra rossa, spoglia, circondata dalla foresta tropicale, sorgono rasoterra una ventina di capanne di legno e bambù, sono disposte senza ordine apparente, non ci sono strade, non c’è un piano chiaro, è un villaggio hmong tradizionale. Le case però seguono le curve delle terrazze e si raggruppano per membri dello stesso clan. Agli Hmong piace vivere vicino ai parenti dello stesso clan e della stessa stirpe. Tutto il sistema di scambi sociali, economici e religiosi si fonda sulla prossimità familiare.
Discendere per storia o mito dallo stesso antenato maschio crea un legame talmente forte da trascendere persino i confini degli Stati. Per esempio, quando gli Hmong del Laos del clan Yang incontrano altri Hmong dello stesso clan in Tailandia, Vietnam o Cina, vengono automaticamente considerati come parenti stretti, in quanto condividono lo stesso antenato mitico. Ne consegue un’ospitalità illimitata che comprende vitto e alloggio. Nei villaggi più isolati, questa accoglienza tanto calorosa viene riservata anche agli stranieri di passaggio.
Nei mercati delle vallate del Laos settentrionale si incontrano molto spesso anche uomini vestiti di nero e donne dagli abiti ricamati a colori vivaci. Da Luang Phrabang a Sam Neua passando per Xieng Khouang e Luang Nantha, gli Hmong sono famosi per i ricami fini e complessi e i tessuti con effetti appliqué in tinte cangianti. Nei mercati locali sono loro gli specialisti dei prodotti della foresta: piante medicinali di una tale diversità che la botanica moderna non è ancora riuscita a catalogarle tutte, animali cacciati o catturati con trappole, insetti di qualsiasi tipo, funghi commestibili o dalle virtù più o meno magiche. Per gli abitanti delle pianure, gli Hmong non sono solo un popolo di montagna, ma anche gente della foresta. Per loro la foresta è un luogo popolato da spiriti e innumerevoli animali pericolosi. Proprio per questo motivo rispettano, ma anche tendono un po’ a disprezzare i montanari.
Nella regione, agli inizi degli anni Novanta, un chilo di oppio valeva più o meno come 150 kg di riso. Dagli anni Ottanta sono stati lanciati diversi programmi internazionali, come quelli dell’ONU, che cercano di debellare completamente la produzione di oppio dalla regione. Vietare la coltivazione dell’oppio non è cosa facile in quanto pochi prodotti agricoli possono rivelarsi altrettanto redditizi e altrettanto facili da trasportare. In realtà, le grosse coltivazioni sono quasi scomparse dal Laos, dato che il Myanmar (ex Birmania) e l’Afghanistan, difficilmente controllabili, hanno preso il suo posto per la produzione di massa e la trasformazione in eroina.
In Laos, come in Tailandia, ci sono campi nascosti nella foresta che consentono agli Hmong e agli Yao di ottenere ogni anno qualche chilo di resina bruna da fumarsi direttamente al villaggio. Per i popoli di montagna produttori di oppio, infatti, fumare è un atto sociale importante. Che si tratti di oppio o tabacco, fumare insieme e condividere sono due regole fondamentali della convivialità. Certo, in alcuni villaggi ci sono oppiomani incalliti. Se sono abbastanza anziani da aver figli che lavorano nei campi per loro, la comunità li tollera. Tanto più che in genere producono l’oppio che fumano, evitando così di gravare sul piccolo budget familiare. Se invece i fumatori sono ancora giovani e in età da lavoro, subiranno pressioni reiterate dal gruppo sociale di appartenenza (i parenti dello stesso clan o gli altri membri del villaggio) che potranno spingersi fino ad allontanarli dal villaggio.
Non è perché si è produttori di oppio che si deve permettere a tale sostanza di avere un effetto disastroso sull’equilibrio del gruppo. Nelle comunità hmong, il punto di vista e l’opinione degli altri è un fattore fondamentale per la coesione del gruppo. Gli Hmong fumano spesso in occasione di eventi speciali: il ritorno di un parente che viene da lontano, i matrimoni, i funerali, ecc. Condividere è la parola chiave. Si condivide tutto. Il riso, invitando non solo amici e parenti, ma anche gli stranieri di passaggio a mangiare alla propria tavola. Lo stesso discorso vale anche per i funerali, spesso sono decine le persone giunte da villaggi talora lontani che si riuniscono per tre giorni. Mangiare insieme, spesso su foglie di banana, seduti per terra, è secondo gli Hmong uno dei modi migliori per mostrare al defunto che lo si onora e che la vita della comunità continua nonostante i tormenti. Si condivide anche il tetto: l’ospitalità è veramente la regola d’oro della vita quotidiana degli Hmong in tutti i paesi asiatici.
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